L’alluce valgo fa ancora paura?

La prima domanda che i pazienti mi pongono regolarmente, durante la visita per un alluce valgo, riguarda il dolore postoperatorio. Credo che poche patologie ortopediche intimoriscano i pazienti più di questo semplice dismorfismo. Le tecniche chirurgiche sono cambiate radicalmente ma ancora questo intervento è considerato uno degli interventi più dolorosi della chirurgia ortopedica. Con le tecniche mini-invasive il sanguinamento e il conseguente edema postoperatorio sono drasticamente cambiati. Il dolore è ormai sovrapponibile a quello di qualsiasi intervento su piccoli segmenti anatomici. L’alluce valgo ha avuto negli ultimi anni un’attenzione e un clamore mediatico francamente sproporzionato se paragonato alla sintomatologia e al tipo di intervento chirurgico. Si tratta di un dismorfismo estremamente frequente e spesso doloroso. L’incredibile aumento di richieste di trattamenti ha portato ad un quadro generale complesso e confuso. Innanzi tutto i pazienti si ritrovano spaesati da tutto quello che leggono sul web dove ormai sono migliaia le proposte di trattamenti più o meno validi per correggere questa patologia semplice e diffusa. Tutto ciò ha generato una evidente riduzione della qualità dei trattamenti e, spesso, proposte di trattamenti non idonei e/o approssimativi. Le tecniche utilizzate negli anni sono divenute numerose con la tendenza alla mini-invasività e tempi rapidi di recupero della deambulazione. Queste tecniche, estremamente valide, richiedono esperienza e presentano una curva di apprendimento piuttosto lunga.

La seconda domanda che mi viene posta solitamente riguarda la durata della correzione ottenuta. La correzione chirurgica dell’alluce valgo è come una qualsiasi correzione di un dismorfismo o di una malformazione. Se eseguita correttamente dura, in caso contrario le recidive sono frequenti.

La tecnica mini-invasiva che effettuo personalmente prevede  piccolissime incisioni, inferiori al centimetro. La correzione viene personalizzata con un accurato planning preoperatorio per ogni paziente. Il trattamento richiede pochi minuti di sala operatoria con utilizzo dell’anestesia locale o locoregionale e, cosa molto importante, contrariamente a quasi tutte le tecniche  mini-invasive o percutanee, non necessita dell’utilizzo della radioscopia. Inoltre l’articolazione non viene immobilizzata da bendaggi costrittivi o fili di Kirschner ed è quindi possibile muovere l’alluce nell’immediato postoperatorio evitando la rigidità della metatarsofalangea che rappresenta uno dei problemi più frequenti dopo la correzione chirurgica. Il paziente cammina già pochi minuti dopo l’intervento.

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