Sindrome del tunnel cubitale
La sofferenza del nervo ulnare al gomito ovvero la neuropatia da compressione del nervo incarcerato nel rigido canale osseo rappresentato dalla doccia epitrocleoolecranica e dall’arcata fibrosa dei flessori (tunnel cubitale) rappresenta una patologie di frequente riscontro.
Il meccanismo con cui si verifica la compressione del nervo dipende dalla conformazione anatomica del distretto cubitale. La causa più frequente è la compressione a livello dell’arcata (o legamento) di Osborne. Meno frequente la compressione più alta a livello dell’arcata di Struthers (che viene comunque sempre ispezionata): tra le cause intrinseche ricordiamo che l’aumento del contenuto (spesso la presenza di ventri muscolari anomali o neoformazioni) in un canale rigido e inestensibile (la doccia epitrocleoolecranica) creerà inevitabilmente un conflitto con le strutture più delicate (il nervo ulnare), ma anche la presenza di strutture anomale (il legamento di Struthers per citarne uno) possono comprimere il nervo come anche un canale osseo più piccolo congenitamente (spesso donne) e/o l’ipetrofia dei muscoli epitrocleari (che creano un vero e proprio laccio funzionale sul nervo). Tra le cause esterne più frequenti ricordiamo i lavori manuali più o meno ripetitivi e/o gli sport con impegno dell’arto superiore, i microtraumatismi ripetuti (dall’operaio alla catena di montaggio all’impiegato al computer, dalla cuoca al fabbro) e gli incrementi e/o gli sbalzi ormonali (gravidanza, pillola anticoncezionale, età perimenopausale); non dobbiamo comunque dimenticare che la sindrome riconosce un’origine multifattoriale in cui un ruolo importane giocano fattori quali l’età e l’obesità. Segnaliamo, inoltre, tra le cause favorenti le malattie reumatologiche, gli esiti traumatici e cicatriziali, le anomalie anatomiche.
I sintomi sono classici: parestesie (formicolio) spesso notturne al IV e V dito, dolori più o meno intensi al gomito, alle dita, al palmo e al polso talvolta irradiati al braccio e alla spalla; deficit di forza della mano; nei casi gravi (fortunatamente sempre meno frequenti) si può avere perdita parziale o completa di sensibilità alle dita interessate e atrofia dei muscoli interossei. La diagnosi è semplice e immediata e si basa sulla valutazione clinica (i segni di Tinel e Phalen e il test di Weber sono i più utilizzati).
Fondamentale eseguire una elettromiografia. Questo esame consente di escludere eventuali sofferenze del nervo in sedi più alte o più basse (al plesso brachiale, al polso/canale di Guyon o a livello delle radici cervicali). Il trattamento prevede una precoce decompressione del nervo ulnare.
La tecnica che io utilizzo ormai da molti anni richiede circa 10/15 minuti; la eseguo sempre in anestesia plessuale (a livello dell’ascella) e con un laccio emostatico alla radice del braccio. La procedura prevede una incisione a livello della doccia epitrocleo olecranica di circa 5/6 cm.
Si ispezione accuratamente tutta l’area. Si esegue quindi la liberazione dl nervo all’interno della doccia fino all’arcata dei flessori (arcata di Osborne) ricercando eventuali anomalie anatomiche (come detto sopra). Si constata l’eventuale presenza di varianti anatomiche o formazioni anomale a carico del nervo ulnare e si procede all’emostasi e alla sutura per piani con punti riassorbibili.
Il paziente deve essere informato che la sintomatologia ipo-parestesica (la scarsa sensibilità e il formicolio alle dita) può richiedere parecchi mesi per una soddisfacente risoluzione. Dopo la sutura e la medicazione applico una valva flessa a 90 gradi e dimetto il paziente. Incoraggio il paziente stesso ad eseguire mobilizzazioni attive delle dita già dai primi minuti dopo l’intervento. Eseguo una solo medicazione dopo 14 gg circa. Consiglio inoltre un adeguato trattamento fisioterapico: massaggi sulla cicatrice con uno specifico gel per almeno 30 gg. Mobilizzazioni assistite del gomito per 20/30 giorni. L’attività lavorativa potrà essere ripresa dopo 30 gg per lavori che non richiedano un utilizzo intenso degli arti superiori; i lavori cosiddetti “pesanti” necessitano di almeno 60 gg di riposo. I tempi di recupero completo, variabili da soggetto a soggetto, sono generalmente attorno ai 45 gg.