Il trattamento del piede piatto infantile
Il piede organo complesso
Il piede è un organo di movimento estremamente complesso. E’ costituito da uno scheletro molto segmentato composto da 26 ossa articolate tra loro. La sua vascolarizzazione può definirsi a “circolazione terminale con ritorno venoso contro gravità”. Inoltre sfrutta per i suoi movimenti un complicato sistema di forze muscolari, tendinee, capsulari, ligamentose e aponeurotiche. Il piede rappresenta una struttura che si deve adattare contemporaneamente al piano statico per mantenere l’appoggio e alle forze dinamiche per assicurare lo spostamento. Deve effettuare quello che si può definire un “compromesso meccanico” tra una struttura rigida (ossa e legamenti) e strutture dinamiche (muscoli e tendini). Il piede si deve adattare alle svariate situazioni che si riscontrano durante la marcia (terreno liscio, terreno irregolare, scale, sabbia , ghiaia etc.), deve assicurare la stabilità in condizioni di riposo e deve inoltre , nello stesso tempo, adattare e ammortizzare la trasmissione delle forze discendenti e ascendenti nel corso della marcia. Ci mantiene in contatto, o meglio, in relazione con l’ambiente. E’ pertanto fondamentale che conservi la motilità più completa possibile con i suoi motori in totale efficienza. Mi piace definire il piede un organo propriocettivo. La propriocezione è l’insieme dei messaggi inviati al sistema nervoso centrale da fibre sensitive connesse a recettori specializzati interni a muscoli, legamenti e articolazioni (propriocettori). I recettori propriocettivi sono organi nervosi estremamente specializzati e sono presenti in numero elevato nelle strutture articolari, soprattutto su legamenti e capsule. Il loro compito è quello di inviare continuamente informazioni sullo stato di stiramento di tali tessuti per permettere al nostro sistema nervoso di reagire in modo adeguato ed estremamente rapido con contrazioni della muscolatura, idonee a stabilizzare l’articolazione e quindi conservare i rapporti articolari stessi, anche in situazioni dinamiche particolarmente stressanti per la caviglia. Tali recettori forniscono anche informazioni al cervelletto, insieme ai recettori visivi, vestibolari e uditivi, necessarie per il mantenimento dell’equilibrio nello spazio. Nel piede i propriocettori si situano in particolare sulla capsula e sui legamenti dell’articolazione tibiotarsica, sottoastragalica e metatarso-falangea del primo dito.Il piede nell’età evolutiva
Fisiologicamente il bambino ha un valgismo del retropiede tra i 12 e i 15 gradi all’inizio della deambulazione che scenderà progressivamente a 5/7 gradi solo dopo i 5-6 anni con una progressiva e spontanea cavizzazione del piede. Il bambino è un essere in evoluzione costante e che costantemente si modifica. Occorre pertanto evitare l’uso di calzature rigide, alte o peggio “correttive” nei bambini che presentano queste caratteristiche e cioè assolutamente nella norma. Lo stimolo propriocettivo, di cui abbiamo ampiamente parlato, informerà il piede infantile trasformandolo in un normale piede adulto. Circa l’80 % per cento delle visite pediatriche che eseguo riguardano consulenze sul piede piatto valgo. Per piede piatto si intende un’alterazione morfologica del piede, caratterizzata da valgismo del retropiede e diminuzione dell’arcata plantare. Il mantenimento dell’arcata plantare dipende da una adeguata interazione tra gli elementi muscolari, legamentosi ed ossei sottoposti alla regolazione del sistema nervoso che mantiene il tono muscolare e garantisce la coordinazione dei movimenti. Nei casi di anomala interazione tra questi fattori si avrà quindi una detorsione delle articolazioni plastiche del piede, con supinazione dell’avampiede e conseguente valgismo del retropiede. Il calcagno si flette plantarmente (freccia blu) e viene a trovarsi quindi esternamente alla perpendicolare che scende dalla regione poplitea (parte posteriore del ginocchio). L’astragalo effettua un movimento di discesa in avanti, in basso (freccia verde) ed in dentro. Questo movimento è fisiologico ma nel piede piatto diviene patologico. In questo spostamento verso il basso l’astragalo trascina lo scafoide cosi che i metatarsi si vengano a trovare tra la spinta in discesa dello scafoide (freccia bianca) e la spinta ascendente del terreno sul piede e come risposta tenderanno a sublussarsi tra di loro verso l’alto (freccia rossa).A fini pratici potremmo dire che il piede piatto non è un ponte che si appiana ma un’elica che si svolge. La zona neutra, punto di passaggio tra la pronazione e la supinazione varia a secondo del tipo di piede piatto,dipendendo dai meccanismi che sono intervenuti nello sviluppo del dismorfismo. Se la zona si trova a livello dell’articolazione astragalo-scafoidea e scafo-cuneiforme sarà a causa di una secondaria lassità che interessa tutte le strutture del piede (piede lasso infantile). Nel piede piatto paralitico il punto cardine sarà più spesso a livello dell’articolazione scafo-cuneiforme poiché la paralisi del tibiale posteriore fa si che lo scafoide non opponga nessuna resistenza ad essere trascinato in avanti dall’astragalo. In condizioni normali il muscolo tibiale posteriore è in grado di richiamare in basso ed indietro lo scafoide. In risposta il cuneiforme ed il primo metatarso si sollevano e l’alluce per toccare il suolo deve flettersi. Nel piede piatto causato da un astragalo verticale congenito l’interessamento sarà prevalentemente a livello dell’articolazione astragalo-scafoidea .
Diagnosi
La diagnosi è estremamente semplice. La valutazione globale comprende un controllo della deambulazione. Si esegue poi un indagine statica sul podoscopio che di solito offre un immagine dove l’istmo è circa 1/3 dell’avampiede in condizioni normali. Nel piede piatto invece, a seconda dei gradi, l’istmo è notevolmente aumentato e nei casi più gravi ricopre tutta l’arcata plantare. Il dato anamnestico di dolori ricorrenti o facile affaticamento dei piedi-arti inferiori e segni di tendinopatia del tibiale posteriore sono spesso presenti. La radiografia, che deve essere rigorosamente sotto carico bipodalico (non quindi in scarico ne in carico monopodalico o “da seduti” come purtroppo spesso ancora accade) si avvale solitamente (tranne in casi particolari in cui necessitano ulteriori proiezioni e talvolta una TC) di due proiezioni: dorso-plantare che permette di misurare l’angolo di divergenza tra astragalo e calcagno, che nel piede piatto presenta valori superiori a 25° e laterale che permette la valutazione dell’angolo di Costa-Bertani (foto) che nel piede piatto presenta valori superiori a 125°. Tutti questi parametri porteranno alla decisione finale di procedere o meno al trattamento chirurgico.Angolo di Costa-Bartani
Prima e dopo la correzione con endortesi
Molti ancora ritengono che abbia una enorme importanza un trattamento preventivo precoce. Altri sconsigliano il plantare prima dei 5/6 anni. Esistono criteri di valutazione attualmente ancora così differenti che spesso capita di vedere pazienti (in questo caso soprattutto i genitori) che vengono per una consulenza dopo aver già sentito svariati pareri e la cosa sorprendente è che la loro confusione mentale è proporzionale al numero di visite effettuate in precedenza. Capita di vedere ragazzi di 14 anni che portano il plantare da più di 10. Altri che non l’ hanno mai portato ma che fanno ginnastica “correttiva “ da anni. Altri a cui è stato sconsigliato “assolutamente” l’intervento perché “va sempre male” o perché “ il piede piatto nei bambini non si opera” e via così con altre incredibili amenità. L’impiego sistematico di plantari correttivi si associa spesso alla ginnastica nella speranza di stimolare i muscoli cavizzanti (peroneo lungo e corto, tibiale posteriore e flessori delle dita e dell’alluce) con i mirabolanti consigli inoltre di “camminare a piedi nudi su terreni irregolari (sabbia, erba, ghiaia)” o “camminare sulle punte o sui talloni” e “raccogliere oggetti con le dita dei piedi” al fine di potenziare quindi la muscolatura intrinseca della pianta del piede. Anche l’uso di una “calzatura ideale” viene ancora da molti considerato importante per consentire un perfetto sviluppo della muscolatura del piede. Quindi riassumendo: plantare ma camminare scalzi (due cose un po’ in contrasto mi pare) ginnastica e calzature rigide (incomprensibile). Vale tutto e il contrario di tutto. Il bimbo secondo questo guazzabuglio di indicazioni dovrebbe camminare scalzo sull’erba, sulla sabbia, sulla ghiaia (forse anche sulla luna), fare esercizi di “presa” ma anche utilizzare il plantare, camminare sulle punte e portare calzature con forti rigidi e così via (inconcepibile). Parlando di cose più concrete dobbiamo sottolineare che la complicanza abituale del piede piatto è il ginocchio valgo: se pensiamo all’andatura ad arto extraruotato di questi pazienti, vediamo subito che il condilo esterno del femore viene a subire nel cammino un carico maggiore del condilo interno ed ecco il piano condiloideo divenire obliquo con sporgenza maggiore del condilo interno; il ginocchio perde l’orientamento normale e si valgizza in misura più o meno accentuata. Con il paziente in decubito dorsale si ricerca il grado di riducibilità. In flessione il ginocchio valgo scompare quando è di origine femorale, persiste quando è di origine tibiale. Nella mia esperienza ho avuto la fortuna di occuparmi di ortopedia pediatrica avendo gestito per molti anni un ambulatorio convenzionato (unico modo per poter seguire i bambini per molti anni) è in questo modo ho potuto ottenere un’ampia esperienza personale che mi ha consentito di capire molte cose: la prima è che solo una minima parte di piedi che appaiono inizialmente piatti valghi arriverà al trattamento chirurgico; la seconda è che l’utilizzo del plantare ha una minima funzione e sempre e solo compensativa (soprattutto per i bimbi in soprappeso e/o sportivi) ma mai correttiva e i plantari troppo aggressivi (come i quarti di sfera ad esempio) sono solo fastidiosi e mal tollerati.; infine che la ginnastica correttiva è pura utopia. Come viene fatta? Ogni quanto? Che importanza le attribuiscono i genitori? I bimbi collaborano durante le sedute o vanno a timbrare il cartellino come chi li assiste? A casa eseguono gli esercizi? Per non parlare dei genitori che hanno la sensazione (o forse è una forma di negazione della realtà) che tutto avvenga naturalmente o per grazia ricevuta (frasi classiche: la ginnastica non la vuole fare perché è stanco, deve fare tanti compiti etc.) L’unico dato vero e oggettivo è che alcuni bambini, raggiunta l’età di 8-9 anni, presentano ancora una pronazione significativa del retropiede e spesso segni di sovraccarico come “stanchezza del piede” dopo attività sportiva e, ancor più importante, precoci tendinopatie del tibiale posteriore. Questo è il momento di procedere al trattamento chirurgico.