Artroprotesi caviglia

artroprotesi caviglia

Il trattamento elettivo delle gravi artropatie di tibiotarsica è l’artroprotesi totale. Il concetto su cui si basa questo intervento è la sostituzione delle articolazioni degenerate con impianti di strutture metalliche (ora anche in titanio in caso di pazienti allergici al nichel) e sintetiche su misura. Ne esistono di svariate tipologie tutte più o meno simili e valide. Ogni chirurgo ha le sue preferite. Io prediligo l’accesso anteriore che mi consente di mantenere una perfetta stabilità articolare e il massimo rispetto anatomico. Installo una tipologia di protesi a tre componenti di cui due metalliche con interposta una parte in polietilene.

A prescindere dalle varianti protesiche e dalle tecniche chirurgiche, questo tipo di intervento ha cambiato la storia chirurgica dell’artropatia tibiotarsica che era rappresentata unicamente dall’artrodesi. Le indicazione ai due tipi di intervento sono ben delineate. L’artrodesi rappresenta ancora, in casi selezionati, uno strumento valido nelle gravi artropatie.

Nel paziente anziano l’artroprotesi è sempre preferibile, nei casi in cui sia indicata, all’artrodesi perché consente una più rapida mobilizzazione del paziente e tempi di recupero più veloci. Anche nel paziente giovane con grave artropatia tibiotarsica resistente a trattamenti più conservativi è preferibile perché consente la conservazione di una buona funzionalità articolare senza sovraccaricare le articolazioni vicine (evento inevitabile con l’artrodesi).

Il limite della protesi è la durata ma i follow-up sono incoraggianti. Installo protesi di caviglia da oltre 20 anni e raramente ho dovuto reintervenire su uno stesso paziente e comunque sempre e solo con la sostituzione della componente polietilenica che in realtà è l’unica parte della protesi soggetta ad usura.

L’artroprotesi di caviglia (tranne rari casi) può essere considerata a tutti gli effetti una procedura “resurfacing” cioè estremamente conservativa per le strutture articolari. Questo, grazie anche alla peculiare struttura articolare, consente quando installata in modo corretto e in pazienti selezionati adeguatamente, una durata prolungata delle componenti metalliche. Il timore iniziale di rapide alterazioni protesiche con necessità di precoci revisioni chirurgiche è a poco a poco diminuito nella pratica. Spesso sono le indicazioni troppo allargate che portano ad insuccessi o scarsa durata. Nella mia esperienza ho imparato che un’accurata selezione del paziente e una rigorosa tecnica chirurgica associate ad una corretta fisiochinesi terapia con un’ attenta preparazione del paziente per il prosieguo delle proprie attività, portano a risultati ottimali anche in termini di durata.

L’intervento prevede un ‘incisione cutanea anteriore alla tibiotarsica di circa 10/15 cm (variabile anche in funzione delle dimensioni del segmento in questione). Si proteggono i fasci vascolo nervosi (arterie e nervi) e si esegue la capsulotomia (l’apertura della capsula articolare tibiotarsica). Si asportano eventuali osteofiti (formazioni ossee simili a veri e propri sassi) che sono tipici della patologia osteoartrosica e/o postraumatica. Con appositi strumentari dedicati per ogni tipo di protesi, si creano i presupposti per l’installazione protesica asportando piccoli segmenti ossei che sono misurati in funzione del tipo di protesi, la sua dimensione e la dimensione della tibiotarsica in oggetto. Poiché si tratta spesso di esiti traumatici, l’intervento prevede una personalizzazione in base alle lesioni pre-esistenti che va dalla accurata pulizia chirurgica da osteofiti e/o corpi mobili intrarticolari fino alla resezione parziale dei malleoli e/o dell’osteotomia degli stessi e la ricostruzione di legamenti (se danneggiati).

Dopo la procedura chirurgica si esegue un controllo radiografico intraoperatorio che consente di valutare la perfetta installazione. Si esegue il test di mobilizzazione passiva e si procede alla sutura per piani tissutali.

Il decorso postoperatorio prevede una breve immobilizzazione con tutore (tra i 20 e i 40 giorni a seconda del tipo di intervento), carico precoce con intensa rieducazione fisiochinesiterapica sia in acqua che in palestra in centri specializzati e sotto supervisione del chirurgo.

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