Lo scafoide carpale è un piccolo osso di pochi centimetri di lunghezza. Si trova nel carpo, una struttura anatomica formata da 8 ossicini di dimensioni simili che rappresenta un cardine fondamentale per il funzionamento del polso. Lo scafoide si trova lungo la prima colonna metacarpale (quella del pollice).
Le fratture di questo segmento osseo sono le più frequenti tra le fratture del carpo: sono causate prevalentemente da cadute a mano aperta e polso iperesteso (cosa che accade praticamente quasi ogni volta che si cade). Questo tipo di trauma provoca principalmente tre tipi di lesione: la frattura del radio, la frattura dello scafoide o la lesione dei legamenti scafolunati.
La frattura del radio è più frequente tra gli anziani, le fratture dello scafoide e le lesioni dei legamenti sono più frequenti nel soggetto giovane. Lesioni contemporanee di queste 3 strutture sono piuttosto rare e, solitamente, causate da traumi ad alta energia.
La frattura di scafoide in certi casi, se estremamente composta, può risultare difficile da identificare con una semplice radiografia. Per questo motivo in caso di dolore al polso persistente dopo una caduta, anche banale, è consigliabile eseguire una TC o una RM.
Anche le lesioni dei legamenti (meno frequenti rispetto alle fratture), spesso non vengono rilevate. Anche in questo caso è consigliabile una diagnosi precoce per evitare possibili gravi conseguenze (dissociazione scafolunata).
Per ragioni di natura anatomica e biomeccanica, lo scafoide ricopre un ruolo fondamentale nel funzionamento del carpo e, di conseguenza, del polso. La sua integrità è imprescindibile sia per una corretta funzionalità articolare ma anche per mantenere intatta la struttura anatomica del polso stesso. Inoltre, a causa di una vascolarizzazione particolare, presenta notevoli difficoltà di consolidazione dopo una frattura, anche se composta. Queste peculiari caratteristiche danno origine ad un caposaldo fondamentale, quando si parla di fratture di scafoide: osteosintesi molto stabile e precoce.
Risulta pertanto evidente come l’utilizzo dell’apparecchio gessato sia ormai obsoleto anche per quelle fratture cosiddette “stabili” che fino a qualche anno fa venivano sistematicamente ingessate per quasi 2 mesi. La diretta conseguenza di una sintesi non perfettamente stabile sarà una mancata consolidazione della frattura, con la formazione di una pseudoartrosi, cioè una rima di frattura che non consoliderà mai.
Ritengo che la sintesi chirurgica con viti “in compressione” (foto), anche in via percutanea nelle fratture composte, sia il trattamento elettivo per le fratture di scafoide carpale. Anche per le pseudoartrosi utilizzo le viti in compressione, naturalmente associando le procedure accessorie del caso (innesti ossei e/o cellule mesenchimali).
Come già detto, l’intervento può essere effettuato, in alcuni tipi di fratture composte, per via percutanea (cioè senza incisione della cute) oppure con una piccola incisione al polso. Dopo l’intervento è sufficiente portare un tutore al polso per 4 settimane e poi iniziare una cauta ma progressiva rieducazione in centri autorizzati e specializzati.
Il discorso per le pseudoartrosi è più complesso. I tempi di consolidazione sono variabili da caso a caso e il rischio di non consolidazione anche dopo l’intervento, con innesto osseo e cellule mesenchimali, va sempre considerato. Anche i tempi di immobilizzazione con apparecchio gessato e/o tutori sono variabili ma sempre superiori a quelli delle fratture.
Le condizioni dello scafoide e della vitalità dei frammenti ossei (soprattutto il polo prossimale) sono determinanti per stabilire le possibilità di riuscita di un trattamento in una pseudoartrosi. La RM ad alto campo e la TC sono gli accertamenti di elezione. Le pseudoartrosi inveterate, spesso, non sono trattabili con osteosintesi. In caso di gravi alterazioni anatomiche sarà necessario utilizzare interventi maggiormente invasivi (resezione della prima filiera carpica e artrodesi).