Il piede equino dell’adulto

Dott. Riccardo Scagni che sta operando

Il piede equino, descritto nel modo più semplice, può essere definito come una deformità in cui l’asse del piede forma, con l’asse della gamba, un angolo superiore all’angolo retto e che costringe a camminare “in punta i piedi” (nei casi in cui la deformità sia rigida) o sollevando il ginocchio (steppage) nelle forme di paralisi flaccida, radicolopatia del plesso lombosacrale/paralisi dello SPE (piede cadente). Si tratta di una patologia invalidante, con gravi ripercussioni non solo su tutte le articolazioni del piede, della caviglia e i segmenti anatomici sovrastanti (ginocchio, anca, rachide), ma anche sulla deambulazione.

Può manifestarsi su più piani nello spazio. Una delle associazioni più conosciute è quella del piede equino varo supinato (soprattutto nelle forme congenite).

In questo articolo parleremo del piede equino dell’adulto, quindi quasi esclusivamente post-traumatico o da esiti di lesioni cerebrali (vascolari, traumatiche o neoplastiche) e radicolopatie/paralisi dello SPE. Ormai sempre più rare sono le forme da esiti di poliomielite.

Il trattamento di questa patologia è multidisciplinare. È fondamentale che vengano coinvolti il neurologo (nelle forme neurologiche), il fisiatra per un adeguata rieducazione pre e post-chirurgica e il tecnico podologo per il trattamento ortesico.

Le forme postraumatiche, che rappresentano una parte consistente di piedi equini, presentano spesso lesioni complesse che riguardano altri segmenti anatomici di cui va tenuto conto per un corretto trattamento. Spesso sono necessari trattamenti complessi che richiedono interventi chirurgici in più tempi e con coinvolgimento di diversi specialisti per ogni settore (rachide, anca, ginocchio). Spesso nei politraumi il piede è l’ultimo segmento che viene trattato e il bilancio delle lesioni associate è molto importante. Il quadro neurologico e vascolare periferico sono di primaria importanza per orientarci sul tipo di trattamento. Gli esiti di fratture vanno valutati con altrettanta cura come anche le eventuali lesioni mio-tendinee e capsulo-legamentose. Inquadrare perfettamente un paziente con questo tipo di lesione sarà il primo passo verso un corretto trattamento, che non sempre è chirurgico o esclusivamente chirurgico. Vi sono lesioni che possono ottenere un buon recupero con trattamenti fisiochinesiterapici e ortesici. Esistono, infine, anche casi che non sono assolutamente operabili (gravi lesioni vascolari e/o cutanee, gravi invalidità di più segmenti anatomici e apparati).

Dopo la prima valutazione clinica che prevede un accurato studio del tipo di equinismo (flaccido, spastico, da esiti traumatici) si valuta il trattamento più idoneo.

Paralisi flaccida

Il piede ha un atteggiamento in equino ma è riducibile passivamente. Spesso viene definito come “piede cadente”. Tipico di questi casi è lo steppage, cioè una deambulazione in cui il paziente è costretto a sollevare in modo innaturale il ginocchio per poter effettuare il ginocchio per poter effettuare il passo.

Cause

Compressione esterna del nervo SPE (sciatico-popliteo esterno) a livello del capitello peroneale (parte esterna del ginocchio) da posture coatte (coma, allettamenti prolungati), apparecchi gessati, traumi/fratture perone e tibia. Masse nel cavo polpliteo (tumori ossei, lipomi, cisti di Becker, tumori della guaina mielinica del nervo, ematomi). Intrappolamento nel tunnel fibulare. Sindrome del compartimento anteriore. Vasculiti. Diabete (gravi neuropatie periferiche). Radicolopatia L5 (ernia del disco L4-L5: in questo caso la sintomatologia motoria è preceduta o accompagnata da lombalgia). Lesioni del plesso lombo-sacrale (cisti,neoplasie). Miopatie. Malattia del Motoneurone (SLA).

Diagnosi

Il primo passo in questi casi escludere patologie neurologiche gravi. La consulenza neulogica è imprescindibile. Va inoltre eseguita una elettromigrafia ad ago, una Risonanza Magnetica (RM) del rachide lombosacrale, una RM del ginocchio eun’accurata valutazione radiografica degli arti inferiori.

Paralisi spastica

Il piede mantiene l’atteggiamento in equino e non risulta possibile alcun tipo di riduzione passiva. Il paziente è costretto a camminare sulla punta del piede.

Cause

Emorragie e ischemie cerebrali. Traumi cranici con lesioni cerebrali permanenti.

Diagnosi

Anche in questi casi il punto di partenza è la consulenza neurologica anche per valutare se il quadro neurologico sia già stabilizzato o ancora in fase di evoluzione (spesso sono necessari anni). RM cerebrale ed elettromiografia sono esami fondamentali in questo tipo di pazienti, come anche un accurato esame radiografico degli arti inferiori.

Esiti traumatici

Sono, come già detto, i casi più frequenti in Europa.

Cause

Si tratta in alcuni casi di lesioni complesse (traumatismi della strada, sul lavoro, da caduta dall’alto) che esitano in atteggiamenti spesso singolari di equinismo con associazione di ulteriori dismorfismi del meso-avampiede e di tutto l’arto inferiore. Sono molto più frequenti i casi di esiti di fratture “ordinarie” (fratture trimalleolari o del terzo malleolo).

Diagnosi

In questi casi l’imaging dovrà essere oltremodo accurato, con utilizzo di proiezioni radiografiche personalizzate per ogni paziente, TC e RM. Anche per questi casi sarà comunque fondamentale l’esame elettromiografico. Se il trauma pregresso aveva interessato anche le strutture vascolari sarà fondamentale un’arteriografia.

Trattamenti

Il trattamento di questi complessi e vari dismorfismi dipende ovviamente dalle cause e dal quadro anatomo-clinico che ne deriva. In alcune forme di paralisi flaccida (fondamentale valutarne il tipo) con articolazione tibiotarsica e del retro-mesopiede ben conservate, completa riducibilità passiva della deformità e buona funzionalità dei flessori (fondamentale una valutazione clinica ed elettromiografica accurate) è possibile trasferire un tendine flessore valido pro estensori paretici (ogni caso va valutato singolarmente). Spesso è utile associare la stabilizzazione della sottoastragalica con un artrodesi.

Nei casi in cui si rilevino dismorfismi/artropatie della tibiotarsica, non completa riducibilità passiva dell’equinismo o ipovalidità dei flessori, si esegue un’artrodesi di tibiotarsica e sottoastragalica. Nelle forme flaccide difficilmente è necessario eseguire allungamenti del tendine di Achille ma se necessario (spesso casi inveterati) va associata anche questa manovra chirurgica.

Le forme derivanti da paralisi spastica necessitano in primo luogo di allungamento del tendine achilleo (spesso anche del flessore lungo alluce e dita) da associare spesso ad ampio release capsulo-legamentoso della tibiotarsica e sottoastragalica posteriore. Le artrodesi di tibiotarsica, sottoastragalica e retro-mesopiede, eventualmente associate ad osteotomie custom made, sono il trattamento elettivo per questo tipo di paziente.

Le forme derivanti da esiti traumatici sono spesso le più complesse. La causa più frequente di piede equino post-traumatico è la frattura del terzo malleolo (quello posteriore al pilone tibiale). Si tratta di un evento piuttosto frequente e spesso associato alla frattura del malleolo mediale e laterale. Questo tipo di frattura viene spesso sottovalutato e trattato in modo inadeguato. La deformità della tibiotarsica che ne deriva porta ad uno scivolamento posteriore e verso l’alto dell’astragalo con conseguente deformità in equino del piede. In questi casi si associa un’artropatia tibiotarsica particolarmente dolorosa (artrosi postraumatica). La conseguenza di questo atteggiamento, se non trattato precocemente, porta ad una retrazione del tendine di Achille. Il trattamento indicato in questi casi è l’artroprotesi di tibiotarsica associata, quando necessario, ad un allungamento del tendine achilleo ed ampio release capsulo-legamentoso posteriore della tibiotarsica.

I traumi più complessi necessitano, come si può ben intuire, di trattamenti molto più complessi e su misura per ogni tipo di lesione. Si associano artrodesi, osteotomie, trasferimenti e allungamenti tendinei.

I trattamenti rieducativi sono fondamentali e dedicati ad ogni paziente in un approccio multidisciplinare.

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